Calafata su Lavoro Nuovo
L’Associazione Meucci – Lavoro Nuovo si occupa di lavoro, innovazione nelle imprese, social networking e nuove tendenze in ambito economico. Quello che segue è un articolo pubblicato sul loro sito a firma di Laura Gianni che ringraziamo.
http://www.lavoronuovo.org/editoriale/calafata-lagricoltura-sociale-mette-radici
Calafata: l’agricoltura sociale mette radici
Nella realtà di Calafata ognuno dà quello che può. C’è chi ha messo le mani, chi le idee, chi l’esperienza. Tra i fondatori non c’è chi ha un passato da contadino, ma a nessuno mancano l’amore per la terra e la passione per uno stile di vita a contatto con la natura, socialmente ed ecologicamente sostenibile. È proprio da questi presupposti che nasce una cooperativa agricola sociale modello, in grado di riportare al centro ciò che spesso è lasciato ai margini.
Sui declivi delle colline lucchesi, in aree strappate alla cementificazione e all’abbandono: è qui che Calafata esplica la sua mission. A rivelarla è lo stesso nome. “Il “calafato” – spiega Mauro Montanaro, uno dei soci fondatori – è colui che nei porti ripara la chiglia delle barche: ne sigilla i buchi creati dal mare, restituendo a esse la propria funzionalità. Il nostro lavoro ha una finalità simile a quella del calafataggio: ridiamo nuova vita a ciò che rischia di esser dimenticato e lasciato a se stesso. Per questo la nostra attività si svolge in aree del territorio abbandonate o a rischio di edificazione, grazie all’impegno di persone in condizione di marginalità sociale o lavorativa, a cui offriamo possibilità occupazionali e di crescita”.
“La nostra storia è iniziata tre anni fa – racconta Mauro -, quando il proprietario di una nota azienda vinicola lucchese decise di lasciare il proprio lavoro e mettere a disposizione le sue proprietà per scopi benefici. Si rivolse alla Caritas – uno dei nostri attuali soci -, che si occupò della faccenda avviando un lungo lavoro di concertazione e di consultazioni che riuscì a traghettare terre e persone verso la costituzione di Calafata, nel febbraio 2011”.
Ad aderire fin da subito a questo pioneristico progetto sono stati prevalentemente dei giovani. “Io e i miei colleghi – spiega Mauro -, tutti ragazzi attorno ai 30 anni, abbiamo creduto subito nell’iniziativa. Senza pensarci due volte, ci siamo accollati volentieri il rischio di avventurarci nel mondo dell’agricoltura sociale, anche se si trattava di un campo che non conoscevamo ancora a fondo. L’inizio non è stato facile – continua -. Indispensabile per partire è stato un finanziamento europeo: quello del Fondo Sociale, a cui abbiamo attinto come start up destinata all’inserimento lavorativo di giovani svantaggiati. Altrettanto importanti sono stati i gesti di generosità e i segni di interesse che le persone ci hanno mostrato una volta venute a conoscerci. Dopo il vigneto, ci è infatti stato offerto in comodato d’uso un oliveto, da coltivare senza dare niente in cambio ai proprietari. Non sono poi mancati altri sostegni economici, come quelli di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Banca del Monte di Lucca”.
Calafata ha appena un anno di vita alle spalle, ma già tanti traguardi da raggiungere. “Quello che vogliamo è riuscire ad andare avanti con le sole nostre forze – spiega Mauro -. Ciò è e sarà possibile attraverso la vendita diretta delle nostre produzioni: dal vino all’olio, fino al miele e agli ortaggi, cerchiamo di distinguerci per vocazione e soprattutto per qualità, di cui i metodi biologico e biodinamico sono garanzia.
Ad acquistare da noi sono i gruppi di acquisto solidale del territorio”. Vendere sì, dunque, ma a una condizione: che chi compra capisca il lavoro e il progetto che si celano dietro il brand Calafata. “I nostri clienti sanno che, oltre a garantire un’ottima qualità, assicuriamo anche il massimo rispetto dell’ambiente e, al contempo, l’esistenza e il prosieguo di un processo educativo che aiuta le persone in condizione di marginalità, offrendo loro un luogo protetto, uno spazio libero in cui lavorare”.
“Calafata è stata una scelta di vita – confessa Mauro -: entrare a farne parte ha significato per molti di noi stipendi più bassi a fine mese e giornate lavorative più lunghe. In cambio però abbiamo guadagnato non solo un lavoro che ci piace e ci soddisfa, ma un nuovo modo di vivere, più sostenibile e a misura d’uomo, che ci porta a contatto con la natura e con le persone. Lo stesso stile di vita che cerchiamo di proporre con i nostri prodotti”.